Lo spreco alimentare rappresenta sicuramente un problema diffuso e attuale. Questo problema è stato evidenziato più volte da varie fonti, anche di livello internazionale ed è stato oggetto di numerose indagini e analisi, fra le quali spicca sicuramente quella commissionata dalla FAO, chiamata “Global food losses and food waste”.
Da questo studio risulterebbe che circa 1/3 del cibo prodotto per il consumo umano, quantificato in 1,3 miliardi di tonnellate di cibo, viene “perso” o sprecato nella catena produttiva e distributiva agroalimentare. Ciò significherebbe, per esempio, che nel tragitto che va della stalla di allevamento e finisce nella pancia del consumatore, un capo su tre (maiale, vitello, pollo, ecc.) si perde o viene scartato.
A parte il dubbio che ciascuno può avere su questo tipo di studi e sui dati che ne derivano, è ormai accertato che lo spreco alimentare esiste e si verifica non solo a causa delle errate abitudini dei consumatori finali, ma anche per i danni o per le eliminazioni che il cibo subisce durante i processi di lavorazione o durante il trasporto.
L’iniziativa
Per intervenire su questo problema, recentemente due Stati europei si sono dotati di una normativa ad hoc, in particolare la Francia e l’Italia.
Da fine agosto di quest’anno, infatti, nel nostro Paese è entrata in vigore la legge 166/2016 chiamata “Disposizioni concernenti la donazione e la distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi”.
È il caso di segnalare fin da subito come la legge italiana si differenzi dalla legge francese in quanto quest’ultima è incentrata su un approccio di tipo sanzionatorio. |
Al fine di limitare lo spreco alimentare il legislatore francese ha previsto una serie di sanzioni.
In Italia invece, si è incentrata l’azione antispreco su un metodo di tipo propositivo, ossia per limitare lo spreco alimentare si propongono una serie di incentivi o di agevolazioni fiscali e di natura amministrativa.
Definizione
Per spreco alimentare si intende l’insieme dei prodotti destinati all’alimentazione umana persi o che vengono scartati per motivi non di ordine sanitario e/o di sicurezza alimentare.
In sostanza l’alimento viene eliminato e distrutto per un motivo perlopiù estetico e superficiale. In questo caso, infatti, il prodotto ha ancora inalterate tutte le sue proprietà organolettiche, ma viene scartato perché magari non presenta le dimensioni richieste dallo “standard”.
Questa “non conformità” potrebbe essere dovuta a vari elementi quali, per esempio:
- il trasporto;
- la non corretta conservazione;
- l’errata esposizione nei banconi dei distributori.
Altri casi in cui lo spreco di cibo potrebbe essere presente, riguarda le mense e le gastronomie e i relativi preparati culinari avanzati. |
Obiettivi della legge
La legge italiana si pone l’obiettivo, com’è intuibile dal titolo della legge stessa, di ridurre lo spreco alimentare e dei farmaci, in tutte le fasi della “catena” agro-alimentare:
- produzione,
- trasformazione,
- distribuzione,
- somministrazione.
Per fare questo si tenta di favorire il recupero e la donazione delle eccedenze alimentari a fini di solidarietà sociale, in via prioritaria all’utilizzo umano. Nel caso non fosse possibile destinarlo al consumo umano, si dovrà verificare se è almeno utilizzabile per l’alimentazione animale.
Contemporaneamente la legge tenta anche di contribuire alla riduzione degli effetti negativi sull’ambiente, limitando appunto lo spreco alimentare, con i suoi naturali problemi di sovra-produzione e smaltimento. |
Misure antispreco
Le misure antispreco poste in essere da questa nuova legge si concretizzano nella semplificazione delle formalità burocratiche che riguardano le donazioni fatte dagli operatori del settore agroalimentare, quali ad esempio i supermercati, i ristoranti, le mense, i bar, le aziende agricole, ecc.
Tali donazioni, per godere delle nuove semplificazioni devono essere destinate alle Onlus o a enti pubblici o privati senza scopo di lucro costituiti per il perseguimento di finalità civiche e solidaristiche.
I beneficiari della donazione poi sono tenuti a riutilizzare gratuitamente i cibi raccolti in donazione. In sostanza, il cibo ricevuto e raccolto tramite la donazione dovrà essere distribuito gratuitamente in via prioritaria ai soggetti non abbienti e, solo nel caso in cui i cibi in questione non siano più commestibili, sarà destinato all’alimentazione animale oppure al compostaggio.
Potranno essere oggetto di donazione anche i prodotti alimentari che hanno superato il loro termine minimo di conservazione, a condizione che sia garantita l’integrità del confezionamento e le condizioni di conservazione. |
Dato che una delle condizioni necessarie per usufruire delle semplificazioni burocratiche è la gratuità di tutto il “processo”, il donante (supermercato, ristorante, ecc.) non deve ricevere alcuna utilità da questa cessione. Né sotto forma di denaro né in natura.
C’è da segnalare, infine, che i donanti potrebbero comunque godere di un certo vantaggio, in quanto è previsto che i singoli Comuni possano applicare degli sconti della tassa sui rifiuti (Tari) per quelle attività che nell’anno si sono impegnate ad effettuare le donazioni in questione.
È, dunque, lasciata alla discrezionalità dei Comuni prevedere lo “sconto fiscale” o eventualmente in che misura.