Siamo quotidianamente raggiunti da moltissime informazioni circa l'importanza del verde in città. La forestazione sembra diventata il nuovo elemento imprescindibile per una vita sana e di qualità in un ambiente urbano.
Tutti i giorni vi sono notizie riguardanti i servizi ecosistemici che le aree verdi urbane possono erogare all’interno delle nostre città. Si tratta di una presa di coscienza comune di evidenze scientifiche ormai consolidate. Gli alberi e la vegetazione in generale sono produttori netti di grandi quantità di ossigeno, indispensabile alla vita degli organi eterotrofi tra cui l’uomo. Se questo è un concetto ben conosciuto sin dalle scuole elementari, meno evidente è il fatto che le piante assorbono inquinanti riducendo i composti nocivi in grado di raggiungere i nostri polmoni, migliorando così la vivibilità - si potrebbe dire la salute - delle nostre città.
È chiaro agli occhi degli addetti ai lavori e delle persone sensibili all’argomento che, purtroppo, molto spesso il verde del pubblico - ahinoi sovente al pari di quello privato - è gestito in modo approssimativo, sottoposto a una mera manutenzione (quasi si trattasse di una semplice “cosa”) e non a una cura, termine e attenzione certamente più adatti a un essere vivente.
Un verde debole
Le cure colturali sono molto probabilmente il vero anello debole del verde urbano, anello da rinforzare con adeguate professionalità se si ambisce a elevare il ruolo delle piante cittadine a quello di infrastrutture verdi, colonne portanti di uno sviluppo sostenibile e di lungo periodo, visione condivisibile sia dalle grandi città sia dai centri più piccoli. Se da un lato la gestione dell’esistente è l’aspetto più carente del verde urbano odierno, dall’altro basta sfogliare le pagine social dei Comuni, i loro siti Internet e le pagine dei giornali locali (o nazionali a seconda della dimensione della città) per scoprire che l’ambiente urbano e la sostenibilità sono al centro del dibattito politico, molto spesso bandiera di misure vendute come panacea di tutti i mali. Quante inaugurazioni, quanti nastri tricolori tagliati, quanti sorrisi rivolti a favore di camera per aprire al pubblico nuove aree, parchi o boschi cittadini?
Molto spesso la progettazione di queste aree è gestita in economia da parte degli uffici tecnici comunali senza il coinvolgimento di figure specializzate oppure è affidata alle stesse imprese esecutrici. Al di là degli aspetti squisitamente paesaggistici, di fronte a sfide epocali come il cambiamento climatico è invece fondamentale studiare con molta attenzione le caratteristiche agropedologiche e ambientali del sito prima di procedere alla pianificazione delle nuove messe a dimora.
Boschi verticali e boschi orizzontali
Da un punto di vista progettuale, sebbene a un altro livello, un secondo spunto di dibattito, davvero interessante e attuale, si concentra attorno alla dimensione che devono acquisire le nuove aree verdi. C’è chi propone uno sviluppo verticale della componente verde - componente che dovrebbe quindi trovare ospitalità su terrazzi o ricoprire le facciate degli edifici - c’è chi invece sostiene che le connessioni ecologiche e i maggiori benefici sono ottenuti tramite un più classico parco o giardino “orizzontale”.
Certamente i “boschi verticali” presentano un notevole fascino e hanno il grande merito di ravvivare il dibattito circa l’importanza delle aree verdi in città. Tuttavia, è indubbio che i servizi ecosistemici maggiori sono svolti da un verde diffuso, una vera e propria infrastruttura capace di permeare le aree urbane. Viali, giardini e rotatorie devono essere il centro di un sistema complesso all’interno del quale vi possano essere connessioni ecologiche importanti che favoriscano il dialogo tra le specie animali e vegetali, permettendo lo sviluppo sia di “depositi di biodiversità” sia di flussi di materiale biologico e genetico (frutti, semi, animali, funghi, ecc.).
La forestazione urbana
In un’ottica come quella descritta, la forestazione urbana può giocare un ruolo di primissimo piano. La messa a dimora di specie arbustive e arboree diversificate su aree relativamente ampie e continue può essere un’ottima strategia per ottimizzare i benefici offerti dalle piante in ambiente urbano.
In particolare, l’isola di calore urbana viene sensibilmente attenuata grazie alla notevole evapotraspirazione che avviene all’interno di queste “oasi”, aree pressoché indisturbate dove la “natura” può evolversi in autonomia. |
Occorre tuttavia considerare che la forestazione deve essere attentamente progettata affinché sia efficace e, soprattutto, non deve essere vista come strumento per dimostrare all’opinione pubblica la capacità di un’amministrazione di porre a dimora centinaia e centinaia di alberi. Per sua propria natura, infatti, questa tipologia di aree è caratterizzata da un elevatissimo sesto di impianto iniziale, ossia da grandi quantità di piante per ettaro. Nel corso dello sviluppo del bosco urbano, però, vi saranno molte piante che non supereranno le fasi giovanili mentre solo una quota minoritaria sarà in grado di raggiungere la maturità. Si tratta di una dinamica del tutto ordinaria che mira alla simulazione di quanto avviene in bosco e che deve essere opportunamente comunicata alla cittadinanza per evitare malintesi - più o meno voluti - circa il reale numero di alberi messi a dimora.
Infrastrutture verdi tra uomo e natura
Sebbene l’uomo sia a tutti gli effetti parte integrante della cosiddetta natura, è evidente che la sua influenza sull’ecosistema urbano è particolarmente rilevante e, pertanto, si pone un quesito di base: quale deve essere l’obiettivo ultimo delle infrastrutture verdi? Si deve prediligere la fruibilità e la sicurezza delle aree oppure aumentare quanto più possibile il sostegno delle aree verdi urbane nei confronti dell’ecosistema nel suo complesso?
È un interrogativo non di poco conto dal momento che molte personalità, inclusi professionisti dell’area tecnica e filosofi, si stanno da tempo domandando quale sia l’approccio migliore e, soprattutto, più sostenibile. Sempre più frequenti sono i dubbi di natura etica relativi ai diritti che spettano alle piante, con particolare riferimento agli alberi di alto fusto, ossatura di ogni infrastruttura verde urbana. Vi è chi afferma che le piante debbano essere trattate alla stregua di esseri viventi senzienti, diversi da noi per il solo fatto di non essere dotati di parola e, pertanto, sarebbe compito dell’uomo diventare la “voce degli alberi”. Una visione certamente suggestiva ed estremamente rispettosa che, tuttavia, se portata all’estremo rischia forse di essere controproducente, polarizzando il dibattito tra coloro i quali vedono il verde urbano ancora come mero orpello ornamentale e coloro che non vorrebbero mai abbattere gli alberi anche una volta che questi hanno raggiunto il termine della propria vita da un punto di vista fisiologico o strutturale. Potrebbe sembrare una discussione prettamente accademica ma ha importanti risvolti a livello pratico: come procedere nei confronti della riqualificazione di un viale o di una piazza? È giusto abbattere piante, magari anche sane, per migliorare la vivibilità o la fruibilità di un lembo di città? Oppure è più corretto fare ruotare ogni nuovo progetto di sviluppo attorno alla conservazione del verde esistente?
Meglio boschi o aree verdi?
Boschi o parchi? Foreste o giardini? Non è semplice rispondere a queste domande. Anzi, forse, a ben vedere sono mal poste. I benefici del verde in città sono ormai indiscutibili e altrettanto chiaro deve essere che per ottenere i maggiori servizi ecosistemici occorre strutturare un verde complesso e articolato. In quest’ottica, possono giocare un ruolo importante sia le aree verdi tradizionali sia le tanto attuali forestazioni. Le prime sono certamente più adatte per incentivare la fruizione da parte dei cittadini, permettendo loro di rilassarsi, passeggiare, riposarsi e giocare. Le seconde assumono un ruolo di maggiore rilievo per quanto riguarda la loro capacità di ospitare una biodiversità animale e vegetale molto variegata. Non è poi da escludere, come talvolta accade nella pratica professionale, che l’anima più naturalistica e quella più fruitiva possano coesistere a patto di eseguire una corretta analisi funzionale e una successiva attenta progettazione, dal momento che occorre riservare i giusti spazi sia all’uomo sia all’ecosistema urbano.