Il lavoratore dipendente avente diritto alla malattia da parte dell'Inps, in caso di un evento verificatosi durante un soggiorno temporaneo all'estero, conserva il diritto all'indennità economica nella misura e nella modalità previste dalla normativa italiana. Potrà ricevere la prestazione economica solo in presenza di adeguata certificazione medica contenente tutti i dati ritenuti essenziali ai sensi della normativa italiana: intestazione, dati anagrafici del lavoratore, prognosi, diagnosi di incapacità al lavoro, indirizzo di reperibilità, data di redazione, timbro e firma del medico. La certificazione, inoltre, dovrà essere rilasciata nel rispetto della legislazione del Paese in cui si trovi.
Ai sensi della vigente normativa, se un lavoratore si trova all’estero è tenuto a rispettare le fasce orarie di reperibilità per le visite mediche di controllo, atte a verificare il suo effettivo stato di incapacità lavorativa.
Con riferimento al Paese estero, si distinguono le 3 casistiche di seguito illustrate:
- evento di malattia insorto in Paese estero facente parte dell’Unione Europea;
- evento di malattia insorto in Paese estero che abbia stipulato accordi o convenzioni bilaterali di sicurezza sociale con l’Italia;
- evento di malattia insorto in Paese estero che non abbia stipulato accordi o convenzioni bilaterali di sicurezza sociale con l’Italia.
Nel caso di malattia insorta in un Paese dell’Unione Europea, i Regolamenti comunitari (Regolamento n. 883/2004 ed il Regolamento di applicazione n. 987/2009) prevedono che venga applicata la legislazione del Paese dove risiede l’Istituzione competente, ossia quella presso la quale è assicurato il lavoratore.
Affinché sia accertato il diritto all’indennità di malattia, il 1° giorno dell’evento, il lavoratore dipendente deve rivolgersi al medico del Paese in cui soggiorna temporaneamente per ottenere la certificazione dello stato di incapacità lavorativa.
In base alla legislazione italiana, il lavoratore è tenuto a trasmettere il certificato compilato in tutti i suoi dati entro 2 giorni dal rilascio alla Sede Inps competente, sulla base della sua residenza in Italia.
Entro lo stesso termine, è obbligato a trasmettere al datore di lavoro l’attestato della malattia (ovvero il certificato privo dei dati relativi alla diagnosi).
In entrambi i casi, se il giorno di scadenza del termine è festivo, la stessa è prorogata al 1° giorno seguente non festivo.
Ai fini del rispetto dei suddetti termini di invio, è consentito anticipare la trasmissione del certificato via fax, PEC o e-mail, fermo restando l’obbligo a presentare il certificato originale.
Ai sensi dei citati regolamenti comunitari non è previsto alcun obbligo di traduzione in lingua italiana della certificazione prodotta nella lingua del Paese in cui soggiorna il lavoratore al momento in cui è sorta la malattia. Tale onere grava quindi in capo all’Inps. |
Nel caso in cui il medico curante nello Stato in cui soggiorna temporaneamente il lavoratore non sia abilitato o non sia tenuto, ai sensi della legislazione del luogo, al rilascio della certificazione di incapacità al lavoro, il lavoratore deve rivolgersi all’Istituzione del luogo in cui soggiorna temporaneamente.
Detta Istituzione provvederà, attraverso il medico da essa incaricata, all’accertamento dell’incapacità al lavoro, alla compilazione del certificato e alla trasmissione dello stesso all’Istituzione competente italiana, mediante i flussi previsti dagli accordi comunitari vigenti.
Nel caso in cui il lavoratore si ammali durante un soggiorno presso un Paese non facente parte dell’Unione Europea, deve farsi rilasciare la certificazione di malattia attestante lo stato di incapacità lavorativa.
Relativamente ai dati contenuti nel certificato ed alle modalità di trasmissione, valgono le medesime regole illustrate nel caso precedente.
Nella maggior parte dei Paesi che hanno stipulato con l’Italia (o con l’UE) accordi o convenzioni bilaterali di sicurezza sociale non è richiesta la legalizzazione del certificato, purché sia espressamente previsto, nei medesimi accordi, che la certificazione di malattia rilasciata dall’Istituzione locale competente (o da medici abilitati dalla stessa) sia esente da legalizzazione.
A titolo esemplificativo e non esaustivo, si riporta di seguito un elenco di Paesi di cui trattasi: Argentina; Bosnia-Erzegovina; Brasile; Jersey e Isole del Canale; Macedonia; Montenegro; Principato di Monaco; Repubblica di San Marino; Serbia; Tunisia; Uruguay; Venezuela. |
Paese senza accordi o convenzioni bilaterali
In caso di malattia insorta durante temporanei soggiorni in Paesi che non fanno parte della Unione Europea o che non hanno stipulato con l’Italia accordi o convenzioni specifici che regolano la materia, la corresponsione dell’indennità di malattia può aver luogo solo dopo la presentazione all’Inps della certificazione originale, legalizzata a cura della rappresentanza diplomatica o consolare all’estero.
Nel caso in cui la suddetta certificazione di malattia non risulti ancora legalizzata al momento del rientro in patria del lavoratore, la regolarizzazione potrà avvenire, a cura dello stesso, anche in un momento successivo, purché ovviamente entro i termini di prescrizione annuale.
Per quanto riguarda i dati contenuti nel certificato e le modalità di trasmissione, vale quanto illustrato per i Paesi dell’UE.
È opportuno precisare che per “legalizzazione” si intende l’attestazione, da fornire anche a mezzo timbro, che il documento è valido ai fini certificativi secondo le disposizioni del Paese in cui è stato redatto il certificato di malattia. Conseguentemente la sola attestazione dell’autenticità della firma del traduttore abilitato o della conformità della traduzione all’originale non equivale alla legalizzazione e non è sufficiente ad attribuire all’atto valore giuridico in Italia.
Sono esenti da legalizzazione i Paesi aderenti alla Convenzione dell’Aja del 5.10.1961 a condizione che gli atti e i documenti rilasciati da suddetti Paesi rechino “l’Apostille”, ossia un tipo di legalizzazione semplificata che certifica la veridicità della firma, la qualità del firmatario e l’autenticità del sigillo o timbro apposto.
Escludendo i Paesi membri dell’Unione Europea ed i Paesi non facenti parte dell’Unione Europea ma che hanno stipulato con l’Italia convenzioni o accordi, i Paesi aderenti alla Convenzione dell’Aja sono: Albania, Andorra, Antigua e Barbuda, Armenia, Australia, Azerbaijan, Bahamas, Bahrain, Barbados, Belize, Bielorussia, Bolivia, Botswana, Brunei, Burundi, Capo Verde, Cile, Cina, Colombia, Costa Rica, Dominica, Ecuador, El Salvador, Estonia, ESwatini, Federazione Russa, Fiji, Filippine, Georgia, Giappone, Grenada, Guatemala, Guyana, Honduras, India, Isole Cook, Isole Marshall, Israele, Kazakhistan, Kosovo, Kyrgyzstan, Lesotho, Liberia, Malawi, Marocco, Mauritius, Messico, Moldova, Mongolia, Namibia, Nicaragua, Niue, Nuova Zelanda, Oman, Panama, Paraguay, Perù, Repubblica di Corea, Repubblica Dominicana, Saint Christopher e Nevis, Samoa, San Vincenzo e Grenadine, Santa Lucia, Sant’Elena, Sao Tomé e Principe, Seychelles, Stati Uniti d’America, Suriname, Sudafrica, Tajikistan, Tonga, Trinidad e Tobago, Turchia, Ucraina, Uzbekistan, Vanuatu. |
Lavoratore in malattia che si sposta all’estero
Se il lavoratore intende recarsi all’estero durante la malattia, per non perdere il diritto alla tutela previdenziale, è tenuto a comunicarlo all’Inps. L’Istituto effettua una valutazione medico-legale, anche mediante convocazione a visita ambulatoriale preventiva, per verificare che non vi siano possibili rischi di aggravamento conseguenti allo spostamento. Nei casi di trasferimento in Paesi extra UE, l’Istituto deve inoltre verificare la sussistenza di migliori cure e/o assistenza che il lavoratore potrà ricevere nel Paese estero e rilasciare conseguentemente l’apposita autorizzazione. Il lavoratore deve anche comunicare l’indirizzo estero relativo al cambio di reperibilità, al fine di consentire eventuali visite di controllo nel Paese estero.