In Alto Adige c'è un proverbio che recita “quando la neve rimane sugli alberi, arriva altra neve”. Un modo per dire che quando la temperatura si abbassa è facile che si susseguano frequenti nevicate (e che la neve si accumuli sulle chiome degli alberi). Bene, si potrebbe pensare: non si dice anche “sotto la neve pane?”. In effetti, la presenza di neve aiuta i tessuti vegetali a permanere a temperature al di sopra dello zero e, quindi, consente alle piante di non congelare.
I rischi
I nostri alberi non possono quindi godersi il meritato riposo vegetativo: terminato l’autunno, perse le foglie, dato ai patogeni l’arrivederci alla successiva primavera, le piante si trovano ad affrontare l’insidia neve.
Un’insidia che è prevalentemente biomeccanica: la neve caduta grava sulle branche e sui rami, soprattutto nel caso delle specie sempreverdi e, il peso, può divenire eccessivo.
Si assiste così alla possibilità di rotture più o meno improvvise che possono provocare danni a cose e persone o compromettere irrimediabilmente l’architettura e la valenza ornamentale di un albero.
Che sia intrinsecamente bello o faccia parte di una quinta vegetale (ossia un elemento capace di guidare lo sguardo verso altre bellezze), la presenza di un albero significa molto anche – e soprattutto – nei contesti più antropizzati.
Crescita a bassa energia
Nel prenderci cura di un bene tanto prezioso, dobbiamo ricordarci che la natura ha riservato agli alberi una modalità di crescita a bassa energia: perché sprecare preziose sostanze di riserva per depositare tessuti di sostegno superiori al necessario? Avrebbe senso costruire fusti e branche solidissimi a scapito delle energie necessarie per crescere verso l’alto, obiettivo fondamentale per poter competere per la radiazione luminosa? La strada percorsa dagli alberi è quindi quella di costruire una struttura con un buon fattore di sicurezza, come direbbero gli ingegneri, fattore che tuttavia non è tanto alto da garantire una sicurezza assoluta, soprattutto se al peso stesso dei vari organi vegetali si aggiungono i depositi nevosi.
La neve tende a depositarsi soprattutto sulle estremità delle branche dal momento che è proprio lì che, di norma, è più fitta la vegetazione (rami di piccole dimensioni o foglie, nel caso delle sempreverdi). In questo modo, il peso della neve incrementa l’eccentricità del carico che devono sostenere le branche, mettendo a dura prova i tessuti di sostegno degli alberi.
I fattori da valutare
L’intensità del carico da neve è funzione di molti fattori. I principali sono: lo spessore del manto nevoso, la densità della neve e la forma della chioma, considerata nelle tre dimensioni.
A questi, per comprendere meglio la dinamica che coinvolge l’albero in quanto soggetto che si sviluppa all’aperto, dovremmo aggiungere vento, temperatura ed esposizione rispetto ai punti cardinali.
Il modello che descrive i carichi cui sono sottoposti gli alberi è quindi molto complesso. In ogni caso, è importante notare che (probabilmente) l’unico parametro sul quale possiamo intervenire è quello relativo alla forma della chioma.
Gli interventi
Cosa fare quindi: procedere con potature selvagge e capitozzature?
No di certo! Gli interventi vanno ponderati con attenzione e studiati nei dettagli. Ricordiamoci che ogni volta che eliminiamo rami esterni della chioma, aumentiamo la rigidità del sistema albero che, quindi, può andare incontro ad altri tipi di rottura, in particolare se vi sono difficoltà strutturali provocate, per esempio, da attacchi di funghi cariogeni. Inoltre, a seguito di una potatura drastica, un albero subisce una completa disorganizzazione della propria chioma e produce abbondante vegetazione soprannumeraria, fitta, disordinata e debolmente inserita sul fusto.
Il progetto di potatura deve considerare l’albero nella sua totalità e deve in primo luogo mirare a eliminare tutte le porzioni di chioma che la pianta sta già abbandonando perché energeticamente inefficienti.
Non dobbiamo inoltre trascurare di sottoporre le branche principali a una verifica visiva in modo da individuare i punti di debolezza biomeccanica sui quali intervenire tramite potature di alleggerimento ovvero attraverso opportuni consolidamenti. Infine, un fattore spesso trascurato, qualora la vegetazione fosse eccessivamente fitta e affastellata occorre valutare la possibilità di una potatura di diradamento. Se vogliamo preservare il nostro albero dobbiamo evitare interventi troppo incisivi.
La potatura corretta è quindi frutto di un delicato gioco di equilibri. Non è sempre semplice trovare la soluzione di questo piccolo rompicapo biomeccanico. Vale però la pena di ragionarci a fondo: una potatura ben fatta rende l’albero più sicuro e lo preserva in salute, riducendo al contempo la frequenza degli interventi di manutenzione futuri.