La malattia di Alzheimer e la sua epidemiologia in Europa
La demenza non rappresenta di per sé una malattia specifica ma si tratta piuttosto di un termine generale utilizzato per descrivere un gruppo di sintomi come la perdita di memoria, di proprietà di linguaggio e della capacità di pensiero, che si instaurano in seguito ad un danno a livello cerebrale. Come quanto accennato dall’Alzheimer’s Association, tra le tipologie di demenza, l’Alzheimer ne rappresenta sicuramente la forma più comune (circa il 60%). Si tratta di una malattia neurodegenerativa che esordisce con una sintomatologia lieve (sporadica perdita di memoria) e che progressivamente peggiora fino a che, nelle ultime fasi, il paziente si trova impossibilitato a sostenere un discorso o ad interfacciarsi con l’ambiente circostante (disorientamento su tempo e spazio, difficoltà di linguaggio e deambulazione, sospetti infondati riguardanti le proprie relazioni sociali). Si tratta quindi di una patologia che altera il comportamento e lo spettro emozionale e relazionale delle persone, andando quindi ad interferire con la normale vita quotidiana dei soggetti e compromettendone di conseguenza anche la loro indipendenza funzionale.
Dal punto di vista epidemiologico, l’Istituto Superiore di Sanità riporta una stima della prevalenza della malattia di Alzheimer nella popolazione europea pari al 54% di tutte le demenze con una prevalenza nella popolazione ultrasessantacinquenne del 4,4%. La prevalenza di questa patologia aumenta con l’età e risulta essere maggiore nelle donne. |
Cause e quadro sintomatologico
È importante sottolineare che, nonostante il principale fattore di rischio per lo sviluppo di questa patologia sia connesso all’invecchiamento, (la maggior parte dei pazienti ha una età superiore ai 65 anni), l’Alzheimer non può essere considerato come una normale conseguenza del processo di invecchiamento. Dal punto di vista fisiologico, l’Alzheimer (come del resto anche le altre forme di demenza) è causato da un danno a livello delle cellule che compongono il nostro cervello, ossia i neuroni. Questo deterioramento strutturale interferisce con l’abilità dei neuroni di comunicare tra loro, compromettendone la normale attività cerebrale come pensare, parlare e provare emozioni. Nello specifico per la malattia di Alzheimer, il danno cellulare viene attribuito alla formazione di strutture anomale all’interno del cervello e in particolare all’accumulo di 2 specifiche proteine: la proteina beta-amiloide (nello spazio tra le cellule) e la proteina tau (all’interno delle cellule). La presenza di queste ingombranti formazioni proteiche va progressivamente a danneggiare le cellule neuronali che perdono di conseguenza la loro capacità di comunicare, compromettendo quindi le normali funzioni cognitive. Negli stadi iniziali, le prime cellule ad essere colpite sono quelle presenti all’interno dell’ippocampo, ossia il centro dell’apprendimento e della memoria, per poi espandersi nelle altre aree del cervello. È per questo motivo quindi che il primo sintomo che si avverte nelle fasi di esordio di questa malattia consiste nella sporadica perdita di memoria.
Diagnosi
Non esiste tutt’oggi un test specifico che sia in grado di diagnosticare una condizione di demenza. La diagnosi di Alzheimer e di tutto questo gruppo di malattie neurodegenerative si basa prevalentemente su una precisa anamnesi del soggetto e su una attenta valutazione delle sue capacità fisiche e cognitive. È importante inoltre tenere costantemente monitorati e riportare al medico eventuali cambiamenti nella capacità di pensiero o di memoria o nella modalità di comportamento nella vita di tutti i giorni.
Trattamento farmacologico
Per la malattia di Alzheimer non sono attualmente presenti cure ma è disponibile solo la somministrazione di due farmaci che agiscono rimuovendo la proteina beta-amiloide (associata all’insorgenza del morbo di Alzheimer) dal cervello, permettono di ridurre il declino cognitivo e funzionale delle persone che convivono con i primi segni di Alzheimer.
La prevenzione come fattore chiave per ridurre il rischio di demenza
Dato che, come precedentemente accennato, la malattia di Alzheimer presenta una scarsa, se non nulla, possibilità di guarigione, la maggior parte degli studiosi si sono concentrati sulla possibilità di prevenire e/o ritardare l’insorgenza di questa patologia. Di fatto, nonostante alcuni fattori di rischio associati allo sviluppo di demenza, come l’età avanzata e la predisposizione genetica, non possono essere modificati, la ricerca sta facendo passi in avanti per individuare i principali fattori di rischio modificabili sulla salute del cervello. Dai primi risultati, riportati dalla Alzheimer’s Association International Conference tenutasi nel 2019 a Los Angeles, viene evidenziata l’importanza di adottare scelte di vita salutari che includano una dieta sana, l’astinenza dal fumo, una continua stimolazione delle funzioni cognitive e soprattutto un regolare esercizio fisico.
L’esercizio fisico come alleato per la prevenzione dell’Alzheimer: the U.S. POINTER Study
Il U.S. POINTER Study condotto dalla Alzheimer’s Association, riporta come interventi combinati di promozione di uno stile di vita sano (che includono un adeguato esercizio fisico, dieta equilibrata, stimolazione cognitiva e sociale) si rivelino estremamente protettivi per la salvaguardia della memoria e della capacità di pensiero nelle persone con alto rischio di sviluppare qualsiasi forma di demenza.
Questa affermazione viene maggiormente supportata da altre indagini scientifiche come la Chicago Health and Aging Project e la Rush Memory and Aging Project che hanno scoperto come l’aderenza a 5 particolari fattori “a basso rischio” siano associati a una riduzione/ritardo del rischio di sviluppare Alzheimer del 60% (rispetto a coloro che non aderiscono). Questi cosiddetti fattori a basso rischio comprendono: dieta sana, almeno 150 minuti/settimana di attività fisica di moderata-vigorosa intensità, astinenza dal fumo, moderata assunzione di alcool, partecipazione ad attività stimolanti l’attività cerebrale (come, ad esempio, le parole crociate). Dai risultati di questi studi emerge dunque l’importanza dell’aderenza a uno stile di vita sano per la prevenzione della salute del cervello e di come la promozione di quest’ultima debba diventare l’obiettivo primario delle attuali politiche di salute pubblica.
Benefici dell’attività
L’aderenza all’attività fisica permette infatti di:
- mantenere sveglia la mente e tenere attiva la capacità di pensare, ragionare ed imparare;
- migliorare le funzioni cognitive come la capacità di memoria, di eseguire dei ragionamenti o dare dei giudizi nelle persone con Alzheimer lieve;
- ritardare l’insorgenza di Alzheimer per le persone ad elevato rischio di sviluppare la malattia o comunque rallenta la progressione della stessa;
- aumenta la grandezza dell’area del cervello associata alla memoria, ossia l’ippocampo;
- permette il mantenimento di un adeguato flusso ematico al cervello ma soprattutto aumenta la produzione di sostanze neuroprotettive oltre che contrastare la fisiologica riduzione delle connessioni sinaptiche cerebrali che accade con l’invecchiamento.
Attività fisica consigliata
È importante sottolineare che per “aderenza all’attività fisica” non si intende forzatamente praticare uno sport ma piuttosto si identifica con esercizi di camminata veloce ma anche con le normali faccende domestiche come pulire la casa, fare giardinaggio e cucinare.
Come suggerito dalla OMS, il maggior beneficio ricavabile dall’attività fisica viene espresso dalla combinazione di esercizio aerobico (150-300 minuti/settimana di moderata intensità o 75-150 minuti/settimana ad intensità vigorosa) ed esercitazioni di rinforzo muscolare con sovraccarichi e di stimolazione dell’equilibrio per 2 volte alla settimana. Per garantire una continua aderenza alla pratica sportiva è importantissimo prediligere le attività che più si amano e se possibile praticarle con altre persone in modo da essere sempre motivati e promuovere anche le relazioni sociali. Inoltre, per chi è alle prime armi, è bene iniziare con poco e progressivamente cercare di fare qualcosina in più e se possibile affidarsi a dei professionisti del settore che sappiano guidarli nella scelta dell’attività più idonea per loro e per la corretta esecuzione dei movimenti.