Il lavoro minorile è sempre stato oggetto di particolare attenzione da parte del nostro legislatore che nel corso degli anni è più volte intervenuto a protezione di tale tipologia, da un lato, assicurando lo sviluppo psico-fisico dei minori mediante il completamento dell'istruzione, dall'altro, vietando lo svolgimento di attività che ne potessero compromettere la salute e la dignità.
Prima di esaminare più nel dettaglio la normativa in questione, è necessario fare una fondamentale distinzione tra bambini e adolescenti. I primi sono coloro che non hanno compiuto 15 anni e sono ancora soggetti all’obbligo scolastico; i secondi, invece, hanno un’età compresa tra i 15 ed i 18 anni ed hanno già assolto l’obbligo suddetto. |
Limiti all’ingresso al mondo del lavoro
Detta distinzione è molto importante perché l’accesso al mondo del lavoro coincide col momento in cui il minore ha concluso il periodo di istruzione obbligatoria e, comunque, non può essere inferiore ai 15 anni compiuti.
Tuttavia, poiché una legge del 2006 ha innalzato a 10 gli anni di istruzione obbligatoria (in tal senso sono ritenuti validi anche gli anni di ripetizione di una stessa classe), il limite minimo è stato di fatto portato a 16 anni.
Da queste considerazioni si evince un evidente legame funzionale tra l’accesso al mondo del lavoro e l’assolvimento dell’obbligo scolastico, a conferma del fatto che il lavoro e l’istruzione sono 2 beni egualmente garantiti dalla nostra Costituzione.
Le sole eccezioni al predetto limite di età riguardano l’impiego di bambini in attività di carattere culturale, artistico, sportivo, pubblicitario, nel settore dello spettacolo e dei programmi televisivi.
L’avviamento al lavoro, in queste ipotesi, è subordinato ad apposita autorizzazione dell’Ispettorato del lavoro territorialmente competente (ITL) che la rilascia previo assenso scritto dei genitori e dopo aver appurato che non si tratti di attività che possano pregiudicare la sicurezza, l’integrità psico-fisica e lo sviluppo del minore.
Altro requisito essenziale per l’assunzione di un minorenne è l’effettuazione di una visita medica preventiva che ne accerti l’idoneità alle specifiche mansioni cui sarà adibito. Detta idoneità sarà oggetto di controllo periodico fino al compimento della maggiore età, con visite ad intervalli non superiori ad 1 anno.
Limitazioni
Lo svolgimento dell’attività lavorativa è poi soggetto ad ulteriori limitazioni come il generale divieto di lavoro notturno; un riposo settimanale di almeno 2 giorni, possibilmente consecutivi e comprendenti la domenica; l’obbligo di interrompere la prestazione lavorativa dopo 4 ore e mezza, o addirittura 3 in caso di attività giudicata dal competente ITL come pericolosa o eccessivamente gravosa.
Insomma, un sistema di norme organico e consolidato, volto a rafforzare le tutele contro la fascia più debole della società ma che, purtroppo, si è rivelato ancora insufficiente a debellare una piaga sociale come, appunto, lo sfruttamento del lavoro minorile.
Secondo una ricerca effettuata da “Save the children”, nel nostro Paese sono 340.000 i bambini e gli adolescenti che hanno dovuto abbandonare gli studi per essere impiegati in attività lavorative di vario genere, non di rado pericolose per la loro salute e sicurezza.
In particolare, il picco del fenomeno si registra tra gli adolescenti, in quell’età di passaggio dalla scuola media alla scuola superiore, che vede in Italia uno dei tassi di dispersione scolastica più alti d’Europa, aggirandosi intorno al 18%.
Un’emergenza che deve essere affrontata soprattutto con la scolarizzazione perché, come si legge nell’ultimo Rapporto mondiale sul lavoro minorile (fonte ILO), “un bambino costretto a lavorare prima del tempo avrà il doppio delle difficoltà dei suoi coetanei ad accedere ad un lavoro dignitoso in età più adulta. E correrà molti più rischi di rimanere ai margini della società, in condizioni di sfruttamento”.