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Lavoratori e malattia dei figli

Regole e limiti dei periodi di permesso

La legge prevede che i genitori lavoratori in occasione delle malattie dei figli possano usufruire di specifici periodi di permesso al fine di poterli assistere. Nell'articolo che segue vengono riepilogate le regole, le opportunità ed i limiti.


Il cosiddetto “Testo Unico maternità e paternità”, cioè il D.Lgs. 151/2001, tra le varie tutele riconosciute ai lavoratori genitori, prevede anche la concessione di permessi/congedi in occasione dell’eventuale malattia del figlio.
Nello specifico, l’art. 47 di tale norma prevede che entrambi i genitori, alternativamente tra loro, abbiano diritto di astenersi dal lavoro, senza limiti di tempo, per i periodi corrispondenti alle malattie di ciascun figlio di età non superiore a 3 anni. Nel caso in cui i figli abbiano invece un’età compresa fra i 3 e gli 8 anni (compreso il giorno del compimento dell’ottavo anno di età, come precisato nel 2008 dal Ministero del Lavoro), i due genitori, sempre in via alternativa tra loro, hanno diritto di astenersi dal lavoro nel limite di 5 giorni lavorativi all’anno ciascuno.
 
La disposizione di cui trattasi purtroppo non riguarda gli addetti ai servizi domestici ed i lavoratori a domicilio.

Secondo il Ministero del Lavoro, la condizione dell’età del bambino deve verificarsi al momento dell’inizio della malattia, ciò significando che l’assenza della lavoratrice madre o del lavoratore padre è giustificata anche se durante la malattia il bambino supera i limiti di età sopra indicati.
È utile precisare che la nozione di malattia del bambino non coincide con quella di malattia del lavoratore durante il proprio rapporto di lavoro, in quanto la prima comprende non solo la fase patologica vera e propria, ma anche quella successiva di convalescenza. Tale principio, stabilito dalla Corte di Cassazione in una sentenza del 1997, comporta che né l’Inps né il datore di lavoro possono effettuare controlli sull’effettivo stato di malattia del bambino (la cd. visita fiscale che, invece, è normalmente prevista in caso di malattia del lavoratore).
 
Pare importante precisare che il diritto alla fruizione dei congedi viene riconosciuto a fronte dell’esistenza di un vero e proprio stato morboso, non essendo sufficiente una forma di malattia cronica o di malformazione congenita.

Congedo, retribuzione, contribuzione
Il congedo è un diritto proprio di ognuno dei genitori, pertanto spetta al genitore lavoratore anche qualora l’altro genitore non ne abbia diritto.
Per poter accedere alla fruizione dei permessi in oggetto, il medico pediatra del bambino deve inviare all’Inps il certificato medico con le medesime modalità attualmente in essere per i certificati medici dei lavoratori. All’atto della redazione del certificato i genitori devono comunicare al medico la propria genitorialità allo scopo di fruire dei congedi. Trattandosi di un diritto che spetta in via alternativa tra i 2 genitori, colui che intende avvalersene dovrà autocertificare al proprio datore di lavoro il fatto che l’altro genitore non sia anch’esso in congedo per il medesimo motivo negli stessi giorni.
Durante l’assenza per malattia del bambino non viene corrisposta la retribuzione; è però previsto che tali periodi di congedo siano ricompresi nell’anzianità di servizio, con esclusione, però, degli effetti relativi alle ferie ed alla tredicesima mensilità nonché alle altre eventuali mensilità aggiuntive (che di conseguenza non maturano durante tali periodi di assenza); risultano invece utili ai fini della maturazione degli scatti d’anzianità e, comunque, in genere ai fini della progressione in carriera.
 
Chiaramente, visto che per tali periodi non matura retribuzione, non matura nemmeno il relativo importo di TFR in quanto esso è commisurato ad essa. 

Quanto detto relativamente all’aspetto economico è quanto si ricava dalla norma, ma logicamente sono sempre possibili trattamenti di maggior favore riconosciuti dal datore di lavoro a questi genitori.
Per i periodi di congedo in occasione della malattia del figlio fino ai 3 anni d’età viene riconosciuta la contribuzione figurativa secondo le medesime regole previste per il congedo di maternità (ex maternità obbligatoria); successivamente al terzo anno d’età e fino al compimento dell’ottavo viene riconosciuta una copertura contributiva figurativa calcolata con le modalità previste per i congedi parentali (ex maternità facoltativa), quindi in misura ridotta. Tali riconoscimenti di copertura figurativa ai fini previdenziali risultano applicabili solo per i periodi di congedo previsti dalla norma, mentre per gli eventuali prolungamenti di periodo non retribuiti previsti da trattamenti di maggior favore (ad esempio oltre i citati limiti di età, o oltre i limiti di durata sopra indicati) la copertura contributiva figurativa non viene riconosciuta.

Casi particolari
Il congedo per malattia del bambino spetta anche in caso di adozione o di affidamento. In tal caso il limite di età per i più piccoli anziché essere pari a 3 anni è elevato a 6 anni, mentre nulla viene modificato rispetto alla fruizione per il periodo successivo fino al compimento degli 8 anni. Qualora all’atto dell’adozione o dell’affidamento il minore abbia un’età compresa fra i 6 e i 12 anni, il congedo è comunque fruibile nei primi 3 anni dall’ingresso del bambino nel nucleo familiare alle condizioni previste in via ordinaria per i figli di età compresa fra i 3 e gli 8 anni. 
È importante anche ricordare che la malattia del bambino che dia luogo a ricovero ospedaliero interrompe, a richiesta del genitore, il decorso delle ferie in godimento, per i corrispondenti periodi di congedo. Non è pertanto automatica l’interruzione delle ferie, ma ciò è consentito esclusivamente su richiesta del lavoratore genitore. Chiaramente anche la sospensione delle ferie può avere la medesima durata prevista per i congedi in base all’età del figlio (senza limiti fino a 3 anni, 5 giorni tra i 3 e gli 8 anni).
Un’ultima notazione va fatta con riferimento alla malattia del bambino insorta durante la fruizione del congedo parentale (ex maternità facoltativa) da parte della madre o del padre. In tal caso, infatti, la fruizione dei permessi può sospenderne il godimento consentendo la sostituzione del titolo dell’assenza. A tal fine occorre che l’interessato presenti all’Inps domanda di sospensione del congedo e che, chiaramente, sussistano i requisiti prescritti per l’accesso all’uno e all’altro istituto. 
In caso di rifiuto, opposizione od ostacolo da parte del datore di lavoro all’esercizio di tali diritti è prevista una sanzione amministrativa da un minimo di € 516,46 a un massimo di € 2.582,28.

Riguardo l'autore

Bruno Bravi

Bruno Bravi

Area: Diritto del lavoro