Ormai il primo medico a cui ci rivolgiamo è il “dottor Google”. I giovani, e non soltanto, sono abituati a fare con costanza ricerche online per risolvere i dubbi a proposito della propria salute, ma anche per saperne di più a proposito di diete e alimentazione. Un fenomeno che ha portato alla proliferazione di siti più o meno attendibili che provano a dare le risposte di cui gli utenti/pazienti hanno bisogno, ma che d'altro canto rischia di favorire la diffusione delle fake news in ambito sanitario e un progressivo allontanamento dal medico. Il rapporto tra medico e paziente è necessariamente fondato su fiducia e autorevolezza, ed è importante non perderlo.
I problemi tra medico e paziente
È chiaro, dunque, che ai tempi del “dottor Google” la relazione tra medico e paziente sia in profonda trasformazione. Non è raro, infatti, che un paziente si presenti in ambulatorio con già un’ipotesi di diagnosi o, addirittura, con la convinzione di sapere già che cosa c’è che non va e come risolverlo.
Il fatto che, grazie ai media in generale, i cittadini abbiano più conoscenze in ambito medico non è un problema di per sé, anzi dal punto di vista del medico dovrebbe diventare una risorsa da sfruttare. Un paziente più consapevole di quanto accade nel proprio corpo può comprendere più a fondo una diagnosi o essere più costante ed efficace nel seguire una terapia, purché il rapporto di comunicazione con lo specialista sia positivo.
In quest’ambito si considera tale un dialogo fondato sul riconoscimento dell’autorevolezza del medico, basato sulla fiducia reciproca e anche sull’autorità riconosciuta a chi ha competenze specifiche.
Sarebbe troppo semplicistico, però, ridurre le criticità del rapporto tra medico e paziente a una questione di media e crescita della consapevolezza, sebbene talvolta errata, del proprio stato di salute. Sono anche altre le criticità che i pazienti sottolineano e che minano il rapporto con il medico.
È il caso di tutti i casi in cui, dopo una visita, una persona si sente spiazzata e, di fatto, non è stata in grado di comprendere pienamente quanto detto dal medico. Ciò può essere determinato da cause differenti come, per esempio, l’impiego di un linguaggio troppo tecnico oppure perché si rischia di perdere alcuni passaggi del discorso che, in ambulatorio, sembrano chiari salvo poi svanire nel nulla una volta fuori.
Altro tema da non sottovalutare è quello del senso di soggezione che alcune persone possono provare di fronte ad un medico, un infermiere o anche un operatore sanitario. La conseguenza è che non vengano fatte domande utili, vengano sottovalutati alcuni passaggi e dando quasi per scontata una forma di “ignoranza” rispetto allo specialista si abdica al desiderio e diritto di capire.
La criticità maggiore è che viene a minarsi ed indebolirsi quel rapporto di fiducia che, invece, è fondamentale per una corretta diagnosi e una terapia che tuteli la salute. Molto possono fare medici, infermieri e operatori sanitari aprendosi al dialogo, anche online, prendendosi il tempo per spiegare quanto sta accadendo senza stigmatizzare quanto appreso attraverso Internet. I pazienti, d’altro canto, possono seguire alcune buone pratiche facendo così la loro parte per stare bene, anche dal punto di vista del dialogo.
Il decalogo del buon paziente
Proprio con questo scopo un team di medici della ASL di Firenze ha elaborato un doppio decalogo per aiutare sia i pazienti che i medici a migliorare la relazione reciproca.
È interessante osservare come questo piccolo vademecum sia stato elaborato da specialisti di ambiti differenti tra loro; tra gli autori, infatti, troviamo Milli (cardiologo presso l’Ospedale Santa Maria Nuova di Firenze), Stefania Polvani (dirigente della Struttura di Educazione alla Salute, coordinatrice del Laboratorio di Medicina Narrativa della ASL di Firenze), Piercarlo Ballo (S.C. Cardiologia, Ospedale Santa Maria Annunziata di Firenze), Alfredo Zuppiroli (Dipartimento cardiologico, Azienda Sanitaria di Firenze), Fabrizio Bandini (S.S. Cardiologia, Nuovo Ospedale del Mugello, Azienda Sanitaria di Firenze) e Federico Trentanove (antropologo, ricercatore a progetto per l’Università di Firenze, ASL Firenze).