Tra i problemi che assillano le famiglie italiane di oggi, un posto di assoluto rilievo è occupato dalla cura delle persone anziane, divenute, col tempo, sempre più longeve, numerose e bisognose di assistenza.
Per poter farvi fronte, negli ultimi anni si è registrato, stante anche la carenza e i costi elevati delle case di riposo, un massiccio ricorso a una specifica categoria di lavoratrici domestiche, definite comunemente badanti.
Per poter farvi fronte, negli ultimi anni si è registrato, stante anche la carenza e i costi elevati delle case di riposo, un massiccio ricorso a una specifica categoria di lavoratrici domestiche, definite comunemente badanti.
Rivolgersi a tali figure conviene sicuramente e non solo da un punto di vista economico.
Gli anziani, infatti, non perdono i tradizionali punti di riferimento e si sentono a loro agio restando nell’abitazione dove magari hanno sempre vissuto.
I datori di lavoro hanno poi l’ulteriore vantaggio di affidare a queste lavoratrici una serie di compiti trasversali, come fare la spesa, accompagnare i bambini a scuola, pagare le bollette, curare il giardino, pulire casa, portare il cane fuori e quant’altro. |
No al lavoro “in nero”
Posta dunque la loro straordinaria utilità, vediamo quali sono i modi per avvalersi dei loro servizi.
Il primo è espressamente vietato dalla legge ma è doveroso citarlo anche perché, purtroppo, molto diffuso, vale dire l’assunzione “in nero”.
è una modalità che presenta innegabili vantaggi: un notevole contenimento dei costi, un’estrema flessibilità nella gestione del rapporto, la totale assenza di incombenze burocratiche.
Altrettanto significative, se non di più, sono però le controindicazioni: il rischio di subire al termine del rapporto di lavoro una denuncia agli Istituti competenti o una vertenza di lavoro con un’eventuale citazione in giudizio, per non parlare delle possibili conseguenze penali in caso di infortunio, o di impiego per lavori vietati nel periodo protetto, ovvero, ancora, di irregolare occupazione perché la lavoratrice straniera è priva del permesso di soggiorno.
Gli adempimenti
Meglio, dunque, la regolare instaurazione di un rapporto di lavoro che, tuttavia, porta con sé tutta una serie di obblighi aggiuntivi, come il versamento dei contributi, il pagamento di tutti gli istituti di legge e contrattuali (ferie, tredicesima, straordinari, TFR, ecc.) e poi l’assolvimento di una serie di adempimenti amministrativi quali ad esempio la comunicazione all’Inps, l’emissione di buste paga, ecc. (tali incombenze spesso costringono le famiglie ad avvalersi di professionisti o associazioni con ulteriori costi a carico).
Accanto a questi oneri, ve ne potrebbero essere degli altri eventuali che spesso non vengono tenuti in considerazione all’atto dell’assunzione, come ad esempio il temporaneo ricorso ad altra lavoratrice in caso di malattia o ferie della badante.
Enti intermediari
Se tali inconvenienti appaiono eccessivamente gravosi, ci sarebbe, comunque, una terza possibilità.
La crescente domanda di questa forma di collaborazione familiare ha infatti stimolato una rilevante offerta di alcuni operatori sul mercato (imprese, cooperative, associazioni) che, a fronte di un corrispettivo mensile, propongono una sorta di “badantato chiavi in mano”.
Il maggior costo da sostenere è in questo caso compensato da una serie di benefici come l’esonero dai sopra descritti adempimenti amministrativi e gestionali, una garanzia di continuità del servizio anche in caso di prolungata assenza della dipendente, una migliore tempestività di risposta al bisogno.
Perché tale opzione sia valida è però necessario che siano rispettati tutti i crismi di legge relativi al contratto di somministrazione, vale a dire una fattispecie negoziale che prevede il coinvolgimento di tre soggetti:
- il lavoratore che in questo caso è la badante;
- l’utilizzatore, cioè la famiglia o il privato cittadino;
- il somministratore, ovverosia un’agenzia appositamente autorizzata dal Ministero del Lavoro.
- uno è il contratto di somministrazione che intercorre tra somministratore e utilizzatore;
- l’altro, invece, è il vero e proprio contratto di lavoro concluso tra somministratore e lavoratore.
Ma cosa accade se i criteri di legge non vengono osservati e ci si trova innanzi ad una somministrazione illecita di manodopera domestica?
A questo proposito è opportunamente intervenuto l’Ispettorato Nazionale del Lavoro che, con nota n. 5617 del 21.07.2017, ha precisato che in queste ipotesi le sanzioni amministrative si applicano esclusivamente nei confronti del somministratore e non anche nei riguardi della famiglia (o privato) che fruisce del servizio di assistenza alla persona.
La non punibilità discende dal fatto che la disciplina in argomento è essenzialmente indirizzata, sia per ragioni di ordine pratico che di equità, al mondo produttivo ed imprenditoriale, con esclusione delle famiglie, dal momento che queste ultime, pur applicando la diligenza media, non sono in grado di verificare, senza difficoltà, il possesso e la legittimità dei requisiti di legge previsti per l’esercizio di tale attività.
Insomma, un pensiero in meno ed un motivo in più per orientarsi su quest’ultima modalità.