C’è sempre meno neve sulle Alpi e se cade non resiste per molto tempo. Negli ultimi 600 anni non c’è stata mai così poca neve e nell’arco di 1 anno la permanenza del manto sulle montagne si è accorciata di 1 mese. I dati sono impietosi e pesano come un macigno sul futuro della salute degli ecosistemi e dell’economia della montagna, e non solo della nostra. A fornirli è uno studio condotto dai ricercatori dell’Università di Padova e dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr) di Bologna.
Quello che stiamo vivendo negli ultimi anni è qualcosa che non si era mai presentato precedentemente; qualcosa che non si era mai riscontrato da prima della scoperta delle Americhe. Per lo studio dei cambiamenti climatici è necessario disporre di un’ampia prospettiva temporale.
Lo studio è di grande interesse non solo per il suo risultato, ma anche per il metodo con cui è stato condotto. Lo strumento che ha supportato le indagini non ha a che fare con l’elettronica, né con il digitale. Infatti si tratta di una pianta di ginepro comune, conifera che resiste e cresce nonostante le montagne su cui cresce siano frustate da vento e piogge o ricoperte di strati di neve. Inoltre, è la prima volta che si può disporre di dati relativi a un periodo così dilatato sulla presenza della neve sul terreno, che è una variabile meteorologica estremamente importante. Il manto nevoso, infatti, ha un ruolo chiave nel bilancio energetico terrestre ed è anche fondamentale per i sistemi naturali, sociali ed economici della regione alpina che si sostengono grazie alla sua disponibilità.
Gli scienziati hanno calcolato che la durata attuale della presenza del manto nevoso è di 36 giorni di meno rispetto alla media di lungo periodo. Questo dato impressiona e dovrebbe occupare enormemente le strategie e le politiche ambientali, visto che dalla presenza di neve dipende la sopravvivenza dei ghiacciai e la quantità di acqua dolce di cui tutti possiamo disporre.