La crisi lavorativa e le influenze modaiole hanno fatto sì che negli ultimi anni gli street food si siano diffusi un po' ovunque, dalle metropoli ai piccoli paesi, dai luoghi di villeggiatura alle fiere e festival locali.
Sono tanti gli aspetti da gestire, di seguito cercheremo di analizzare i più importanti e di fornire una guida utile per chi volesse avviare questo tipo di attività.
Sono tanti gli aspetti da gestire, di seguito cercheremo di analizzare i più importanti e di fornire una guida utile per chi volesse avviare questo tipo di attività.
Negli ultimi anni il cibo di strada è diventato sinonimo di riscoperta del gusto e delle tradizioni locali, motivo per cui molti ambulanti servono cibi o prodotti strettamente legati alla storia gastronomica del territorio (vedi le piadine romagnole, il lampredotto e la porchetta, gli arancini di riso).
Con l’avvento dell’uso di mezzi mobili più avanzati, cosiddetti food truck, spesso veri e propri modelli di design, il fenomeno ha avuto la sua esplosione, raccogliendo consensi un po’ in tutte le fasce di età.
Requisiti
L’apertura e la gestione di uno street food è soggetta a precisi requisiti e a norme specifiche relative alla somministrazione di alimenti e all’attività di commercio al dettaglio su area pubblica.
Per il commercio su area pubblica esistono due tipologie di autorizzazioni, entrambe rilasciate dal Comune:
- licenza di tipo “A” per il commercio ambulante con posteggio fisso: concessa dal proprio Comune di residenza con l’obbligo della stanzialità in un determinato luogo della città. Ogni 6 mesi la Regione pubblica sul BUR l’elenco dei posteggi liberi per ogni Comune e dopo la pubblicazione si hanno 30 giorni per fare domanda di posteggio;
- licenza di tipo “B” rilasciata, su richiesta dell’interessato, dal Comune di residenza che consente il commercio in tutto il territorio nazionale, comprese fiere e mercati, limitatamente ai posteggi non assegnati o provvisoriamente non occupati per assenza dei titolari. Si svolge con mezzi mobili e con soste limitate.
Il rilascio di entrambe le autorizzazioni é gratuito, ma occorre informarsi preventivamente per verificare eventuali restrizioni locali al transito ed alla sosta dei mezzi. |
Per quanto riguarda la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande è necessario essere in possesso dei seguenti requisiti:
- avere frequentato con esito positivo un corso professionale per il commercio, la preparazione o la somministrazione degli alimenti, istituito o riconosciuto dalle Regioni;
- avere, per almeno 2 anni, anche non continuativi, nel quinquennio precedente, esercitato in proprio attività d’impresa nel settore alimentare o nel settore della somministrazione di alimenti e bevande o aver prestato la propria opera, presso tali imprese, in qualità di dipendente qualificato, addetto alla vendita o alla preparazione degli alimenti, o in qualità di socio lavoratore o in altre posizioni equivalenti;
- essere in possesso di un diploma di scuola secondaria superiore o di laurea, anche triennale, o di altra scuola ad indirizzo professionale, almeno triennale, purché nel corso di studi siano previste materie attinenti al commercio, alla preparazione o alla somministrazione degli alimenti.
Come scegliere il mezzo
La scelta del mezzo costituisce già la prima discriminante tra un’attività per così dire più “ristretta” e un’attività itinerante di maggiore portata.
Questi i fattori che determinano la scelta:
- percorrenza media del mezzo;
- stagionalità;
- allestimento (da semplice assemblaggio degli alimenti a cucina vera e propria).
Acquistare un mezzo e provvedere all’allestimento “fai da te” potrebbe risultare più economico, tuttavia si scontra con le maggiori difficoltà burocratiche per ottenere l’autorizzazione sanitaria da parte della Asl.
Investimento e costi di gestione
Se da un lato un food truck consente di risparmiare su affitto di locali e personale, dall’altro l’investimento iniziale necessario non è di poco conto; si parte in media da € 40.000 a seconda della scelta del mezzo che si utilizza e dalla necessità o meno di avere un luogo per lo stoccaggio delle merci o la preparazione dei cibi.
Di solito il titolare dell’attività è anche colui che in prima persona la esercita e poiché i mezzi sono itineranti e richiedono di stare fuori per molte ore nella giornata, potrebbe risultare necessario avvalersi di un collaboratore o di un aiutante.
Occorre distinguere i costi di avvio dell’attività dai costi di gestione a regime. Lo schema a lato indica i principali, molti di questi possono subire anche variazioni notevoli nel tempo.
Il business plan
E' importante stilare un vero e proprio business plan del progetto che consenta di misurarne la fattibilità, il piano degli investimenti e soprattutto la sostenibilità nel tempo. Il business plan costituisce inoltre il documento di base se si intende richiedere un finanziamento per l’avvio dell’attività oppure per accedere a bandi o contributi. Un elemento, spesso trascurato dagli imprenditori alle prime armi, è la remunerazione per il titolare, ovvero la quantificazione del guadagno netto effettivo per il soggetto che presta la propria attività lavorativa. Se in fase di avvio è normale sostenere costi maggiori rispetto ai ricavi, nel tempo è necessario stabilire i termini per raggiungere il punto di pareggio per rientrare dell’investimento fatto.
Da non dimenticare, infine, che se il titolare può prestare la sua attività diciamo a “titolo gratuito” cioè non percependo di fatto un guadagno per un certo lasso di tempo, allo stesso tempo dovrà comunque sostenere dei costi fissi quali ad esempio il versamento di contributi previdenziali personali, l’Inail o l’assicurazione RC o infortuni.