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L’educazione alimentare nelle scuole

Quando si parla di alimentazione non si può trascurare l'Italia, nazione che ha visto per prima la nascita della dieta mediterranea. Nonostante la valenza scientifica di tale dieta, i consumi degli italiani negli ultimi 60 anni sono radicalmente cambiati. Siamo di fronte ad un quadro molto preoccupante in cui il consumo di proteine animali è raddoppiato e l'apporto di acidi grassi saturi è addirittura triplicato.


Tra i bambini
In questo contesto la popolazione in età evolutiva è quella su cui gli addetti ai lavori nutrono maggiori preoccupazioni.
Numerose indagini sul campo hanno dimostrato come i fenomeni dell’obesità e del sovrappeso infantile siano un problema comune nel nostro Paese ed in particolare nel Sud-Italia. Uno dei progetti dell’Istituto Superiore di Sanità, “Okkio alla Salute”, realizzato già dal 2008 mostra come sebbene i trend di sovrappeso e obesità siano in lenta diminuzione sono ancora su livelli che destano non poco allarme (vedi grafico a lato).
Partendo dal presupposto che un bambino con un eccesso ponderale probabilmente sarà un adulto obeso, ovvero un malato cronico difficilmente sostenibile per le casse dello Stato, il Ministero della Salute di concerto con il Ministero della Pubblica Istruzione e talvolta delle Politiche Agricole negli anni hanno promosso numerose attività di educazione alimentare con lo scopo di favorire la diffusione delle buone norme di nutrizione e igiene degli alimenti ed abbattere sul nascere le cattive abitudini alimentari che rappresentano terreno fertile per l’instaurarsi delle cosiddette “Malattie del Benessere”.

Andamento nel tempo di sovrappeso e obesità

L’educazione alimentare
Le campagne di educazione alimentare nel nostro Paese non sono di recente costituzione anzi già nel 1975 la I° conferenza nazionale sull’educazione alimentare promossa dal Ministero delle Politiche Agricole stabilisce la necessità di formare i docenti italiani sulle tematiche della sana alimentazione definendo la scuola lo strumento attraverso cui incidere sulle abitudini culinarie dei bambini e delle loro famiglie.
Negli anni a venire seguiranno anche le iniziative di privati e di altri enti, come quelle della Coop, di Coldiretti e di Slow Food.
Ben presto, però, appare chiaro che queste campagne formative ed informative raggiungono risultati significati laddove sussiste un’azione integrata e sinergica tra gli attori propositivi e che la scuola, nonostante la formazione ad hoc degli insegnanti, non possiede le risorse umane e materiali adeguate ad affrontare la sempre più preoccupante condizione dell’obesità infantile, ovvero l’istituzione scolastica deve guardare a competenze professionali esterne.

Le iniziative
Ai primi approcci ministeriali hanno poi fatto seguito anche altre iniziative come “Guadagnare Salute”, “Frutta nelle Scuole” e l’inserimento nei piani formativi scolastici del programma Scuola e Cibo del Miur.
In particolare il programma “Frutta nelle Scuole” è tutt’oggi attivo con lo scopo di supportare le abitudini alimentari dei bambini della fascia di età 6-11 anni attraverso il consumo di frutta e verdura e per attuare iniziative che favoriscano una nutrizione più equilibrata.
Elemento basilare dell’intervento “Frutta nelle Scuole” consiste nel fornire ai bambini gli strumenti tali da favorire scelte alimentari alternative rispetto ai messaggi pubblicitari di massa a cui sono costantemente sottoposti, insieme alla comprensione della provenienza del cibo al fine di favorire la conoscenza del legame tra “chi produce” e “chi consuma”.
 
Il progetto prevede anche incontri formativi per docenti e genitori, al fine di consolidare nel tempo l’utilizzo di buone prassi alimentari attraverso l’esempio concreto delle figure in cui il bambino riconosce autorevolezza.

Le linee guida per l’alimentazione
La svolta definitiva, con cui si attribuisce il giusto valore all’educazione alimentare in campo scolastico, si ebbe con la realizzazione delle “Linee Guida per l’educazione alimentare” in prima stesura nel 2011 e poi revisionate nel 2015 con le tematiche dell’Expo.
Infine, è di qualche mese fa la pubblicazione da parte del Miur di un bando per avviare un programma di promozione dell’educazione alimentare nelle scuole, mettendo a disposizione degli istituti italiani ben 120 milioni di euro erogati tramite fondi PON, attraverso cui la scuola può reclutare personale specializzato che sia in grado di affrontare la sfida all’obesità infantile anche come strumento di prevenzione per le malattie cronico-degenerative della popolazione adulta del futuro.

La qualità come priorità
I progetti di educazione alimentare nel tempo hanno stabilito priorità differenti: ad esempio se dagli anni ‘60 agli anni ‘80 del secolo scorso era necessario aumentare la coscienza alimentare dei consumatori (anche bambini) a fronte di una crescente disponibilità economica e propensione al consumo, a cavallo tra gli anni ‘90 ed i primi anni del nuovo secolo si assiste ad un declino dei consumi (anche alimentari) e, contestualmente, ad un forte incremento dell’attenzione nei confronti della qualità del cibo, della sicurezza alimentare e dell’impatto ambientale e sociale delle scelte alimentari.
 
A questo punto il cibo non è più solo un bisogno primario, ma è diventato un elemento dal valore complesso legato a numerosi aspetti da quelli socioculturali e psicologici a quelli etici ed ambientali.

L’esempio in famiglia
Non è da sottovalutare l’influenza delle abitudini alimentari della famiglia di origine del bambino, infatti non è possibile immaginare un programma di educazione alimentare di successo che non coinvolga le famiglie o che si fermi alle mura scolastiche.
Spesso il mancato apporto di frutta e verdura nella dieta dei piccoli è correlato alla stessa errata “pratica” della famiglia di origine. Quali sono dunque i comportamenti che i genitori possono promuovere per favorire l’applicazione di corrette prassi in ambito alimentare?
Incoraggiare il consumo di almeno 5 porzioni di frutta e verdura al giorno, seguendo la stagionalità e avendo cura di variare i colori dei vegetali consumati, arricchire l’alimentazione della propria famiglia di legumi e cereali, meglio se integrali, condire le pietanze con olio extra vergine di oliva (meglio se a crudo), preferire il consumo di pesce fresco locale (meglio se azzurro), limitare l’impiego di carne rossa lavorata e insaccati ed evitare il consumo di bevande gassate e di snack eccessivamente zuccherati.
Dunque il riferimento per i genitori deve essere la Dieta Mediterranea insieme all’applicazione di uno stile di vita attivo durante le normali attività quotidiane come ad esempio accompagnare i bambini a scuola a piedi, proporre delle passeggiate durante il fine settimana o preferire l’uso delle scale all’ascensore.

Riguardo l'autore

Francesca Valentino

Francesca Valentino

Area: Salute e benessere - Pubblica Amministrazione