Rispettare ogni forma di essere vivente. Questo è il fine con il quale è stata scritta e divulgata, nel 1978, la Dichiarazione Universale dei Diritti degli Animali. Il testo, promosso dall'UNESCO, non ha in sé valore dal punto di vista giuridico, ma rappresenta la prima occasione nella quale l'uomo ha formalmente preso coscienza del suo ruolo, sia in termini potenziali che concreti, nei confronti di cani, gatti, cavalli, pappagalli o qualsiasi altro animale. Una presa di responsabilità non da poco che ha portato, negli anni successivi, all'adozione di normative cogenti in tutto il mondo, finalizzate a trasformare in tutele concrete quei principi. Così è accaduto anche in Italia e nell'Unione Europea dove i diritti degli animali sono ben chiarificati così come sono stati indicati dei sistemi di denuncia e tutela.
Quali sono i diritti degli animali?
Per definire i diritti degli animali è necessario partire, prima di tutto, da cosa significa “benessere”. In questo senso, il riferimento universalmente riconosciuto è quello dell’OMS, Organizzazione Mondiale della Sanità, che sostiene, in un documento del 1976, come si tratti dello “stato di completa sanità fisica e mentale che consenta all’animale di vivere in armonia con il suo ambiente”.
Affinché ciò si realizzi, è fondamentale riconoscere e tutelare 5 bisogni essenziali a loro volta connessi con 5 libertà.
Le tutele in Europa
È stato il Trattato di Lisbona del 2007 a riconoscere la natura degli animali come esseri senzienti e a gettare le basi, dunque, di una garanzia dei diritti degli animali anche in Europa. L’articolo 13, infatti, stabilisce che “nella formulazione e nell’attuazione delle politiche dell’Unione nei settori dell’agricoltura, della pesca, dei trasporti, del mercato interno, della ricerca e sviluppo tecnologico e dello spazio, l’Unione e gli Stati membri tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti, rispettando nel contempo le disposizioni legislative o amministrative e le consuetudini degli Stati membri per quanto riguarda, in particolare, i riti religiosi, le tradizioni culturali e il patrimonio regionale.”
Questo articolo fornisce, dunque, il quadro giuridico e normativo nel quale i Paesi membri dell’UE sono chiamati ad agire, anche in maniera indipendente, per far sì che agli animali sia garantito un certo grado di benessere. Compito che l’Italia ha preso sul serio, al punto che il Paese si presenta addirittura all’avanguardia in alcuni settori specifici.
I diritti degli animali in Italia
Secondo quanto sottolinea il Ministero della Salute, lo sviluppo delle norme a tutela degli animali nell’ordinamento italiano ha seguito tre direttrici specifiche: l’adozione di un approccio etico alla questione, la prevenzione delle zoonosi e la sicurezza per la salute pubblica.
Ciò si è sostanziato originariamente nell’affermazione del principio per cui “lo Stato promuove e disciplina la tutela degli animali d’affezione, condanna gli atti di crudeltà contro gli stessi, i maltrattamenti e il loro abbandono, al fine di favorire la corretta convivenza tra uomo e animale e di tutelare la salute pubblica e l’ambiente”, contenuto nella legge n. 281 del 1991.
È particolarmente interessante rilevare che, in questo contesto, non viene escluso nessuno: l’Italia è stata il primo Paese in Europa ad affermare il diritto alla vita anche di cani e gatti randagi.
Inoltre, nel 2001 è stata ratificata anche la Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, un ulteriore strumento sovranazionale, il cui testo è integralmente consultabile in lingua italiana sul sito del Consiglio d’Europa.
Si sancisce il divieto di abbandono, la responsabilità di “chiunque tenga un animale di compagnia”, l’obbligo di avere almeno 16 anni, salvo consenso esplicito di un genitore, per adottare un cane, un gatto o altri animali d’affezione.
Ulteriore passaggio cruciale per la tutela degli animali domestici in Italia è l’accordo Stato-Regioni del 2003. In questo documento si definisce esplicitamente che chi adotta, accetta di occuparsi o convive con un animale da compagnia ha l’obbligo vincolante di:
- rifornirlo di cibo e di acqua in quantità sufficiente e con tempistica adeguata;
- assicurargli le necessarie cure sanitarie ed un adeguato livello di benessere fisico ed etologico;
- consentirgli un’adeguata possibilità di esercizio fisico;
- prendere ogni possibile precauzione per impedirne la fuga;
- garantire la tutela di terzi da aggressioni;
- assicurare la regolare pulizia degli spazi di dimora.
In caso di violazioni
Nel caso in cui vi siano delle violazioni di questi diritti, cosa si può fare?
Esistono, come suggerito dalla Dichiarazione universale, alcuni enti e associazioni diffusi su tutto il territorio nazionale che possono fornire informazioni ed assistenza.
Dal punto di vista legislativo, invece, l’articolo 544-ter del Codice Penale punisce i soprusi sugli animali e ne definisce l’iter, in tutto e per tutto simile a quello riservato alle vittime umane; il Codice Civile, d’altro, regola i casi di abusi e vivisezione incontrollata.